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Due parole su quando ci guardavamo negli occhi e “I’m social” era solo l’anagramma di “mi lasciò”

Avvertimento: questo post è dedicato a te che hai più di 30 (facciamo anche 35) anni. Te, invece, che sei più giovane (specialmente se sei molto più giovane) puoi astenerti da una lettura che ti risulterebbe, probabilmente, incomprensibile.

Esistevano tempi senza social network? ti chiederai. Ebbene sì, esistevano. E io, un po’, ringrazio.

Il mio è un blog di moda per bambini. E fin qui…

Parlo di vestitini, di abbinamenti, di mode, di colori, di occasioni, di kids fashion, insomma.
Parlo di quello che mi appassiona e che mi è sempre piaciuto, fin da quando ero anche io una bambina.
E anche qui tutto normale e regolare.

Utilizzo i social networks (quelli principali e mi sembrano già troppi), posto, condivido, taggo, e via.

Poi mi capita di fermarmi un paio di minuti e di avere la possibilità di vivere esperienze diverse, coinvolgenti ed originali (che, come direbbe il mio nuovo amico Carlo, è un modo razionale per dire divertente).

Ieri sono andata a Milano ed ho provato qualcosa di favoloso (del quale, magari, ti parlerò in dettaglio in un altro momento). Ho provato un momento sensoriale che, sono sicura, ritornerà più volte a farsi sentire.
Bloggers insieme che, stranamente, lasciano in borsa i cellulari e gli hastag e che vivono, sentono, guardano e respirano con tutto quello che hanno.

E mentre ci mettevo tutto quello che ho mi è anche venuto da pensare.

Pensare a quegli anni vissuti nei quali tutto questo era normale, quando non c’era Facebook e quando “I’m social” era davvero solo l’anagramma di “mi lasciò” (con accenti che diventano apostrofi, tanto in quest’era la grammatica ci ha lasciati davvero. Purtroppo).

Anni in cui social voleva dire trovarsi alla compagnia, evitare di mettersi il casco (tanto Fiammetta ancora non legge), scambiarsi idee (sul ciuffo, la lacca e le ghette), ridere fino alle lacrime, fumare cento sigarette (Fiammetta cancellerò questo post), scrivere sul muro della Chiesa i nomi e le date (nella mia vecchia compagnia c’è ancora il segno del mio vandalismo), trovare l’amore ad ogni angolo e ad ogni nuovo diario da “conciare”, disperarsi e ripetere “mi lasciò”, aspettare che qualcuno venisse a portarci lontano, raccogliere ricordi da portare con noi ancora più in là del lontano.

Ci si guardava negli occhi, insomma.
E si si guardava davvero, senza filtri valencia o saturazione dei colori.
Noi eravamo quelli. Punto. E ci piacevamo così, perché ci guardavamo davvero.

Io ringrazio di essere cresciuta in quegli anni (che adesso sembrano quasi preistoria) quando non c’era Facebook, e quando non avevamo alcuna idea di quello che ci sarebbe successo.

Ieri ho fatto un po’ come tanti anni fa , ho aperto la mente, ho cercato le parole, ho disegnato con i pensieri, ho annusato con la testa, ho assaggiato con il cuore, mi sono espressa con tutti i sensi aperti. E ho dovuto scrivere. Mi scuso (oggi niente kids outfit), ma ho dovuto scrivere.

E allora perché non rirproviamo? Noi che abbiamo avuto la fortuna di viverlo quel momento, perché non riproviamo a riprenderci il nostro spazio, a fermarci due minuti, a guardarci negli occhi?
E, magari, poi, lo condividiamo su instagram… 😉 (scherzo, dai).

BUONA GIORNATA e domani, giuro, un nuovo look di Fiammetta.

“Ehi, ci facciamo una foto e la postiamo su Facebook, su google +, su twitter e su tutti i social?”
“Naaaaa, andiamo a farci un giro. Il mondo ed i suoi colori ci aspettano. Ah, grazie del gelato.”