Quella stanza d’attesa prima della sala operatoria. Quando qualcosa cambia per sempre.

stanza d'attesa

Racconti ed emozioni di chi non conosce il tuo nome, ma ti capisce in un istante. Di chi, come te, ha bisogno di raccontare. In attesa che finisca in un attimo.

Quella stanza d’attesa appena prima della sala operatoria.

sala operatoria

E in una mattina strana e complicata ti ritrovi lì.

Nella stanza di attesa poco prima delle sale operatorie.

Pensi che sarà un giorno lunghissimo, che le ore saranno macigni, poi, invece, ne scopri l’essenza e ne vivi appieno il potere.

Incontri subito persone che non hai mai visto prima, ma che diventano parte del tuo sentire. Parte fondamentale, direi.

Scopri percorsi, vite, esperienze e tu parli delle tue.

Racconti il dolore come si descrive una giornata al mare, perché condividere è un po’ come metabolizzare.

In quella sala d’attesa scopri sentimenti, lotte, attese e speranze e capisci che quelle lotte e quelle speranze sono anche le tue.

Non conosci i nomi di quelle persone e non lo chiedi. Non è importante. Conosci, invece, cosa sopporta il loro cuore e cosa pesa sul loro corpo. E questo le avvicina a te. C’è poco da fare.

Il nome non lo saprai mai, ma ricorderai per sempre la loro storia e i loro occhi.

E mentre, nell’attesa, racconti e senti raccontare, dietro a te, a pochi metri, qualcuno ha tutte le queste storie in mano. In quelle sale operatorie i racconti diventano corpi e chi ami sta provando a lottare più di te. Più di tutti.

E quel tempo che pensavi non passasse mai, invece, passa. Tutto mentre tu parli, conosci, aspetti, pensi, preghi.

Arrivano, in quella stanza d’attesa, nuove persone e nuove storie. E ci si continua a raccontare, si spera insieme, ci si abbraccia anche.

Le distrazione non servono, non si ha davvero la voglia o la forza di distrarsi. Si ha voglia di inghiottire quell’aria strana e di viverla fino in fondo.

Si ha voglia di trovare necessità comuni, si ha voglia di pregare insieme a qualcuno che dia un senso pieno a quelle preghiere. Tutto serve per non assecondare l’ansia e nemmeno la voglia di vomitare.

Per me è stato esattamente così.

Venerdì scorso, in una giornata strana e speciale, è stato proprio così.

Ho atteso con rispetto, ho pregato in silenzio, ho parlato, raccontato, condiviso. Ho guardato negli occhi più di quanto faccio di solito e ho conosciuto un po’ più profondamente.

E, mentre si cerca anche di ridere un po’, iniziano, sempre in quella stanza di attesa, ad arrivare le notizie.

I chirurghi escono dalle sale operatorie e la sala di attesa riprende a pulsare.

Qualche buona notizia, qualche parola non compresa, una inesorabile doccia fredda.

E con quella doccia fredda ho visto l’incredulità prima, poi occhi diventare fissi e immobili, poi pieni di lacrime, facce farsi di cera, la disperazione nei gesti.

E quella incredibile e ingiusta sofferenza in un attimo diventa anche la tua. E vorresti fare qualcosa, dire qualcosa, ritrovare quel filo di speranza che teneva uniti dieci minuti prima. Ma non puoi. Non puoi fare nulla.

E allora piangi anche tu, perché non ne puoi farne a meno e non si controlla.

Provi ad abbracciare, a dire “non è detto”, ma sai che ormai è detto.

Trovi qualche parola ingenua, ma sai che non ha alcun senso. Come non ha senso vedere, sentire e vivere tutto questo, anche se non è capitato a te.

Vorresti essere forte per quella persona che hai vissuto appieno, ma non puoi fino in fondo, perché tu sei ancora in attesa. Nella tua attesa.

E quando questa attesa finisce e vedi arrivare quel camice verde che tanto hai sperato di vedere, quasi non te ne rendi conto. Perché quando lui ti dice che è andato tutto bene, tutto meglio del previsto, quando le parole più dolci del mondo ti avvolgono e ti fanno squagliare lo stomaco, tu stai ancora piangendo per le parole sbagliate di qualcun altro.

E’ così la vita in quella stanzetta di attesa poco prima della sala operatoria. Piangi quando non devi, ridi quando non puoi.

Poi ti fai forza, perché, alla fine, ti meriti la tua gioia e hai bisogno di viverla fino in fondo dopo mesi di attesa e di sofferenza.

Ma qualcosa è cambiato per sempre..

Poi, dopo altre infinite ore di attesa, che, ormai, non ti fanno più alcuna paura, rivedi chi ami e chi non può mancare nella tua vita e racconti di nuovo. Stavolta riconoscendo quegli occhi e comprendendone la gioia e lo stupore quando parli di vita, di progetti futuri, di anni da passare insieme. Magari lontano da quella stanza di attesa. 

Ma, inesorabilmente, qualcosa è cambiato per sempre. 

Grazie Dio per questa gioia, ne saprò fare tesoro. Grazie Dio per la forza che darai a chi ne ha bisogno. Grazie Dio per farci passare di lì e per farci riflettere. 

P.S. Avevo bisogno di scrivere. Scusami. Domani torniamo a parlare di moda…

4 Commenti
  1. Mi hai commossa è fatto vivere quegli attimi con te. Un abbraccio forte forte. A volte qualcosa di piccolo lo fa. Soprattutto se sincero.

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