Dire NO al bullismo è un atto di coraggio, un atto dovuto, un atto di civiltà. Dobbiamo parlarne e ancora parlarne. Jeckerson lo ha fatto per noi e con noi.
Dire no al bullismo ed al cyberbullismo con Jeckerson
Incontrare Teresa Manes e vivere, un po’, la sua storia, è stato come cadere all’improvviso in una buca.
E’ stata una doccia gelata, una scossa improvvisa.
E’ stato capire, in un attimo, che il bullismo e il cyberbullismo sono cose SERIE, vicine, profonde.
Sono cose delle quali si DEVE parlare, delle quali si deve mettere a conoscenza chi ci sta intorno, delle quali prendere coscienza.
E, insieme, dobbiamo DIRE NO AL BULLISMO.
Jeckerson lo ha fatto immediatamente. E lo ha fatto con il mezzo che aveva a disposizione. Una conferenza stampa durante la più importante delle fiere nella moda bambino: Il Pitti Bimbo.
Dire NO al bullismo
Nessuno mai aveva pensato di portare un argomento così serio e così vicino al mondo dei bambini durante una manifestazione che, di solito, è gioia e colore.
La gioia e il colore di Jeckerson Junior, durante l’ultima edizione della fiera, sono stati quelli di far capire a chi avesse voglia di ascoltare, che il bullismo e il cyberbullismo sono problemi seri, reali, immensi. Problemi che partono anche dalla moda, dai bambini più piccoli, da ambienti divertenti e colorati.
E, insieme a Teresa ed alla sua associazione A.I.PRE.B, fondata da lei stessa su un muro di dolore e di incredulità, insieme all’onorevole Nunzia de Girolamo, al Direttore Commerciale di Jeckerson Junior Carlo Canelli e a una blogger di moda bambino (io), Jeckerson, appunto, grazie alla forza e alla generosità di Carlo Casillo ha detto a chiare lettere: NO AL BULLISMO.
E dire no al bullismo significa gridare, significare squarciare un silenzio pesante e affliggente, significa far riflettere.
Di Teresa e della sua Associazione A.I.PRE.B te ne vorrei parlare in dettaglio in un’occasione diversa, anche se ti consiglio una visita al sito e te ne chiedo, se puoi, la condivisione.
Oggi ti riscrivo i miei pensieri e quello che mi è stato dato l’onore di poter esprime e diffondere durante la Conferenza Stampa, nella quale, tutti insieme, giornalisti, stampa, mamme, onorevoli, direttori, donne, padri, ci siamo alzati per DIRE NO AL BULLISMO.
Queste le mie parole:
DIRE NO AL BULLISMO
“Io ho la fortuna di lavorare in un ambiente bellissimo che però va tutelato.
Ringrazio chi mi ha preceduto per le parole che sono state dette e per la forza che ci hanno fatto sentire oggi in questa giornata e ringrazio soprattutto Jeckerson per averci dimostrato di essere sempre dalla parte delle mamme oltre che dalla parte dei bambini. Oltre che creare sempre collezioni che sono confortevoli per loro, ha cercato di dare voce anche alle mamme è più che altro ringrazio Teresa che ha dato voce alle paure di tutti noi genitori.
Perché questa è davvero la paura più grande che noi genitori abbiamo nei confronti dei nostri ragazzi.
Io oggi, infatti, vi voglio dire due parole sia come blogger, che come genitore. Come blogger vorrei iniziare dicendo che il bullismo è il cyberbullismo si alimentano anche in settori giocosi e divertenti come lo sport e come la moda.
Io, con il lavoro che faccio, sono sempre a contatto con le mamme, parlo con loro, creo gruppi su Facebook nei quali ci confrontiamo proprio sulla moda. Consiglio loro cosa comprare, come vestire i bambini. E i rendo conto che si fa sempre più verso l’IDENTIFICAZIONE.
Avere/possedere un determinato capo identifica, ma non CARATTERIZZA.
L’identificazione sta proprio nel branco, rende più forti spinge proprio a quei comportamenti di prevaricazione e di bullo.
Io cerco in tutti i modi di non alimentare questo atteggiamento, cerco di spiegare che la caratterizzazione è la cosa più importante e MAI, ripeto MAI lascio passare il messaggio che se non hai un determinato capo non sei nessuno, non puoi partecipare, noi puoi far parte del branco.
Anzi, la caratterizzazione è uno degli argomenti che mi sta più a cuore e ripete ogni volta che “essere alla moda significa sentirsi a proprio agio”. E questo a prescindere da quello che uno può acquistare.
Ed è questo il messaggio che dovrebbe arrivare ai ragazzi di oggi. E la domanda è: “Da chi dovrebbe arrivare questo messaggio?”
Questo messaggio dovrebbe arrivare in modo univoco dalla FAMIGLIA, dalla SCUOLA, da INTERNET, dalla TV.
Il problema è che il più delle volte questo messaggio non arriva.
Si seguono sui social personaggi che non caratterizzano, ma identificano.
Identificano in un certo paio di scarpe, identificano in un modo di comportarsi, identificano nell’ultimo modello di cellulare, Ma MAI caratterizzano.
Non caratterizzano la curiosità, l’intelligenza, la creatività, l’essere diverso.
L’essere diverso, oggi, è VITTIMA.
E’ vittima chi non usa i social, è vittima chi non mette like, è vittima chi non si fa la foto con l’ultimo modello di un giubbotto o con l’ultima cosa alla moda. E’ vittima chi non si identifica nel branco.
E’ vittima di un sistema che è sempre più veloce e sempre più accelerato, è vittima di un mondo moderno nel quale leggere e viaggiare non sono più di moda, è vittima di un futuro che si sgretola e che non lascia il tempo di raccoglierne i pezzi.
I ragazzi, oggi, sono più online che offline.
Noi ci guardavano negli occhi e ci dicevamo le cose in faccia. Adesso stiamo sui social. E sui social si può fare del male.
Attraverso i social ci sentiamo più forti, invincibili. Avete mai sentito parlare dei leoni da tastiera? Noi ci dobbiamo mettere la faccia sui social…
Ma la fragilità di un comportamento del genere porta inesorabilmente alla fragilità di chi la subisce.
E si diventa vittima del bullismo e del cyberbullismo in un attimo. Perché in un attimo la fragilità o la diversità diventano PUBBLICHE, diventano CONDIVISE, diventano mercificate.
La vittima diventa vittima del bullo e il bullo diventa vittima di se stesso.
Qualcosa si può fare. Si deve fare.
Noi che lavoriamo su internet dovremmo cercare di rendere il mondo virtuale un po’ più confortevole e meno aggressivo. Non so ancora bene come e quando lo scoprirò vi chiamerò di nuovo qui e ve lo farà sapere, per adesso ci possiamo provare.
Primo fra tutti possiamo trovare, leggere e capire le storie come quelle di Teresa che ci aiutano a sentirci in dovere di fare qualcosa. Possiamo ascoltare brand come Jeckerson che ci dicono che vestirsi bene è importante, ma più importante è trovare la caratterizzazione. Infine possiamo comportarci come genitori, nonni, zii, parenti e PARLARE.
Parlare, parlare, parlare.
Provare a chiedere ai nostri bambini: “come stai?”, “hai bisogno di qualcosa?”, “ti è successo qualcosa?”.
Magari loro non ci risponderanno, ma sanno che noi ci siamo. Sanno che possono contare su di noi. Sanno che siamo in quel pezzettino di mondo online che è molto più importante di quello online.
E se ve lo dico io che sono una blogger….
Dobbiamo, quindi, essere tutti alleati dei nostri ragazzi e, se non vogliono parlare con noi che siamo i genitori, proviamo spingerli verso un confidente (uno zio, un nonno, un parente), qualsiasi persona che possa tenere stretti i loro segreti e con i quali confidarsi senza paura.
Le vittime del bullismo e del cyberbullismo devono essere ingrasso di uscire dal loro ruolo di vittima, perché il più delle volte non ci riescono. Rimangono intrappolato in questo ruolo e diventano ancora più vittima.
Gli alleati ci sono e dobbiamo PARLARE.
Perché ricordiamocelo, parlare è il primo passo.
Io ci provo ogni giorno a parlare con le mamme che mi leggono, a parlare con mia figlia, a parlare con le donne ed è una battaglia che dovremmo combattere tutti uniti affinché l’essere diverso diventi una risorsa e non sia mai una vergogna.”
E tu, sei pronta a dire no al bullismo insieme a noi??
Dai avanti, c’è bisogno anche di te!!!
Jeckerson ha deciso di donare una parte del ricavato della vendita della nuova collezione, proprio a favore di questa iniziativa e a favore dell’Associazione di TERESA MANES. Lei andrà nelle scuole a parlarne. Noi parliamone qui.
Le foto sono tutte di Riccardo Polcaro.
♥
Alla prossima